Il cielo è grigio. Non sono riuscita ancora a vederlo azzurro. Con la stagione delle piogge si schiarirà, mi dicono. Aspetterò. Qui fuori si torna in bici dal campo, si corre dietro a ruote di ferro spinte con i bastoni, si creano archi con i rami, ci si rincorre e alla vista di una macchia colorata dalle braccia e il viso bianco, si alza timidamente una mano per salutare.
Stamattina come ormai d’abitudine, alle 8 mi sono seduta fuori sulla veranda e ho assistito incantata ai balli d’apertura della scuola materna! Come urlavano e saltavano! Ad un certo punto è arrivata una mamma che dopo essere scesa dalla bici ha lasciato scivolare giù uno alla volta i tre piccoli che trasportava. È lo scuolabus di Rungu! Oggi però abbiamo avuto uno spettacolo tutto per noi…finalmente abbiamo abbandonato la veranda e siamo andati nelle aule…e come dice qualcuno..un sol grido si levò “soyez benvenues mes amis!” . Un coro di vocine delicate. Cuori puri e felici. Ci è mancato poco che scoppiassi a piangere davanti a loro! Che buffa sarei apparsa! Cento volte più di quanto già non lo sia!
Dopo durante un incontro con gli insegnanti in cui abbiamo mostrato del materiale didattico ho vissuto un momento di turbamento e oserei dire vergogna . Bè, sollevare la carta tematica dell’Africa in cui c’è la situazione economica di tutti i Paesi e notare che la RD del Congo ha PIL pari a zero perché tutte le sue materie prime sono esportate da multinazionali del cosiddetto mondo sviluppato da cui io provengo..non è affatto piacevole! Chissà cosa pensano di me, mi dicevo. Ma come sempre viene fuori qualche frase detta al corso di formazione e si cerca di gestire al meglio la situazione interiore…
Sono tornata da poco dalla via crucis che si è tenuta nel quartiere e recitata in lingala, la lingua del posto. Non eravamo in tanti a formare la processione ma si respirava una profonda pace e armonia. Tanti erano i bambini. Ipiù grandi con in spalla i piccini. Qualcuno con il nasino sporco. Un altro a stringersi sul pancino la camiciola senza bottoni.E poi, inevitabilmente,ogni mia mano ne stringeva un’altra, minuscola e nera. Il sudore impediva una presa salda ma nessuno dei due desisteva. Ad un certo punto, il bambino che camminava avanti a me e che mi riempiva di sorrisi, ha approfittato di un momento in cui avevo lasciato la mano del mio compagno di sinistra, per infilarci in mezzo la sua! Quindi avevo due mani ma ne stringevo tre. E allora ho pensato che due mani non bastano…
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